Molti di voi gia sapranno che le applicazioni della canapa non si fermano certo alla marijuana, medicinale o ricreativa, o alla produzione di tessuti o cosmetici o materiali da costruzione. Oggi parliamo di un uso prezioso e di una applicazione pratica a tutto vantaggio dei cittadini della penisola. Tutti conosciamo la vicenda dell’ILVA, e di quanto inquinamento sia stato prodotti dai residui di produzione della fabbrica pugliese. Un vero disastro ecologico e una minaccia per la salute della popolazione.
Ma per fortuna c’é la canapa, e le strade della canapa e dell’ILVA si incrociano nel 2012. In quell’anno si incontrano infatti la Masseria Fornaro e Canapuglia, ed iniziano a sperimentare, su 3 ettari di terreno della Masseria, la canapa e la sua capacità di assorbire la diossina.
Questo genere di esperimenti nasce sulla base di ricerche che hanno provato l’effettività della cannabis per ” la rimozione, la decomposizione, o il contenimento dei contaminanti nel suolo, nei fanghi, nei sedimenti e nelle acque superficiali e sotterranee”. Inoltre questa pianta straordinaria ha dimostrato di avere capacità eccezionali di assorbire i metalli pesanti, come conferma uno studio americano:
“Le radici della cannabis mostrano un’elevata resistenza ai metalli pesanti, che gli conferisce la caratteristica di accumulatori di tali sostanze (più di 100 mg kg-1 nel caso del cadmio). La canapa è una pianta tollerante ai metalli pesanti, con radici resistenti e una forte capacità di acclimatamento. Queste caratteristiche la rendono un candidato chiave per approcci di fitorisanamento”
Da Canapuglia fanno sapere che questo é solo un primo passo e non smettono di rimarcare come “una decontaminazione fatta in questo modo è molto economica rispetto ai processi tradizionali: si tratta di scegliere le piante, seminare, raccogliere e analizzare”.
E dopo l’ILVA, la nostra preziosa amica potrebbe essere utile per riportare alla normalità tanti terreni che in Italia sono stati oggetti di abusi ed inquinamento.